Ne corso degli ultimi 20 anni si è osservato un interesse diffuso verso la medianità, in particolare da quando i media hanno proposto numerosi programmi sul tema.
Si stima che attualmente il 30% degli americani crede fermamente nelle capacità medianiche (Newport e Strausberg, 2001) e che circa il 10% della popolazione britannica visita regolarmente un medium sia per comunicare con i defunti, sia per ricevere indicazioni riguardo la propria vita (Roe,1998). Anche in Italia, nonostante non si rilevino sondaggi di settore, esistono numerose associazioni che organizzano convegni e incontri presso i quali è possibile incontrare medium allo scopo di ricevere conforto al dolore di un lutto.
Il termine medium deriva dal latino (mezzo o strumento) e si intende una persona che sostiene di poter operare come intermediario tra la vita e la morte con supposte entità trascendenti. Per questo motivo la medianità risulta un argomento molto controverso, mina le fondamenta della scienza tradizionale, cioè quel tipo scienza che possiamo definire “materialista” derivante dalle teorie filosofiche del XVII secolo che negano l’esistenza di sostanze spirituali e interpretano gli eventi del mondo attenendosi alla materia come unico principio esplicativo, rinunciando quindi alla spiritualità e all’immortalità dell’anima. La ricerca sulla medianità ha da sempre innescato una serie di dibattiti sulla natura del fenomeno. Se la medianità è un fatto reale, allora sorge una domanda: da dove provengono le informazioni?
Coscienza che sopravvive?
Nella letteratura scientifica che tratta l’argomento, emerge l’ipotesi che la coscienza umana possa sopravvivere alla morte fisica in qualche sistema info-energetico e che da esso i medium riescano ad ottenere accurate informazioni sui defunti. Anche eminenti scienziati ipotizzano la coscienza umana come una entità non confinata al cervello e che possa estendersi oltre la mente. William James fu uno dei primi a proporre tale ipotesi sostenendo che la coscienza possa non essere un prodotto della mente, ma il cervello a essere un “antenna-ricevente” della coscienza, allo stesso modo il premio Nobel per la fisica Max Planck affermò che la coscienza sarebbe un prodotto esterno mediato, trasformato o canalizzato dal cervello (la teoria è discussa in Clarke, 1995).
Le ricerche della parapsicologia (o ricerca psichica) svolte tra il XX e XXI secolo, oltre alla medianità, hanno indagato numerosi fenomeni come le esperienze di pre-morte, la telepatia, la telecinesi, la precognizione, la chiaroveggenza ecc.. Tra queste ricordiamo quelle di R. Sheldrake (2006) e D. Radin (2009) che mettono in discussione il fatto che la coscienza umana sia una entità confinata al cervello. Gli autori, basandosi sulle indagini dei biologi quantistici russi Poponin e Gariaiev sul DNA fantasma (Gariaev & Poponin 1995) e di Fosar e Bludorf (2006), ipotizzano che attraverso i cunicoli spazio-temporali magnetici ipotizzati da Einstein-Rosen, il DNA si connetta ai Campi Morfogenetici (un campo di ricordi-informazioni, cosi definiti da Sheldrake (1981; 1988), a cui avrebbero accesso tutti i componenti di una stessa specie) rendendo così possibile le cognizioni anomale che avvengono durante gli esperimenti. Effettivamente le più recenti scoperte della fisica quantistica aprono uno spiraglio alla possibilità dell’esistenza di altre dimensioni che potrebbero spiegare l’origine dei fenomeni paranormali.
Bernard Carr, astronomo e matematico della Queen Mary University di Londra, ipotizza che molti dei fenomeni che definiamo “paranormali”, tra cui la medianità, non potendo essere osservati in modo diretto, potrebbero avere origine in altre dimensioni e la coscienza dei sensitivi sarebbe in grado di interagire con tali dimensioni. Tale modello, spiega Carr, può risolvere problemi ben noti alla filosofia sulla la materia e la coscienza “Le uniche entità non fisiche nell’universo di cui abbiamo esperienza sono quelle mentali. L’esistenza dei fenomeni paranormali suggerisce che le entità mentali devono esistere in una sorta di spazio altro-dimensionale” (Carr, 2003).
Di contro, sia filosofi contemporanei come John Searle (1997) e David M. Armstrong (1966) che scienziati come Francis Crick e Christof Koch (Crick & Koch, 2003), sostengono che siano i processi del cervello a causare lo stato cosciente e che tale stato non sia un’entità separata da esso. In altre parole la coscienza sarebbe esclusivamente un prodotto della mente umana e resterebbe confinata ai processi che la generano.
All’interno di questa cornice teorica, la ricerca sulla medianità assume una connotazione rilevante perché, se le capacità medianiche fossero verificate, fornirebbe una prova a supporto delle teorie sulla sopravvivenza della coscienza per cui, potendo essa esistere separatamente dalla mente, fornirebbe una maggiore comprensione dei fenomeni studiati dalla parapsicologia. Inoltre la credenza nella sopravvivenza dopo la morte è di vitale importanza per molti individui sia perché storicamente legata alla religione, sia perché può favorire il benessere psicologico di alcuni individui, come chi ha subito un grave lutto. Fortunatamente, nel corso di un secolo, le ricerche empiriche sulla medianità si sono sviluppate fino a raggiungere protocolli sufficientemente elaborati che consentono di svolgere indagini particolarmente accurate ed efficaci.
Ricerca sui medium. Rassegna storica
Solo verso la fine del XIX secolo furono condotti i primi studi empirici sulla medianità. Allora i ricercatori tennero prolungate sedute con i medium che riferivano un gran numero di informazioni sui defunti, una volta trascritte tutte le informazioni esse venivano valutate dai partecipanti all’esperimento che esprimevano un giudizio sommario sulla precisione delle informazioni. I ricercatori riscontrarono sostanziose evidenze a supporto delle capacità medianiche (Hodgson, 1892, 1898). Tali primi lavori furono però aspramente criticati. Effettivamente i ricercatori trascurarono la possibilità che le accurate descrizioni sui defunti potessero essere il risultato di stratagemmi psicologici utilizzati da sedicenti medium che, a contatto visivo con il consultante, potevano produrre accurate informazioni basandosi semplicemente sulla comunicazione non verbale come la postura del consultante, tono della voce, velocità nel rispondere “si” o “no” ecc. (Morris, 1986; Wiseman & O’Keeffe,2001) e attraverso l’uso di affermazioni generiche che possono essere aderenti a più persone (i medium che utilizzano queste tecniche vengono solitamente definiti cold-readers) . Ad esempio, una affermazione come “il defunto aveva grandi potenzialità non sfruttate”, è molto generica e può essere ascrivibile a molti individui (si veda Forer 1949; Furnham & Schofield, 1987). Inoltre il sitter può considerare come vere molte di queste affermazioni perché, essendo afflitto da un lutto, ha un forte desiderio di ricevere un messaggio dal caro defunto. Se a tale affermazione il consultante invia un feedback positivo allora il cold-reader continua con la stessa tecnica, altrimenti cambia strategia fino a tracciare un profilo descrittivo esatto del defunto (si veda, ad esempio, Podmore 1901, Hyman, 1977; Gardner, 1992; Morris, 1986).
Un altro problema associato alla verifica della validità delle affermazioni del medium riguarda anche le affermazioni a carattere più specifico. Anche in questo caso è dimostrabile che informazioni molto specifiche possono essere ascrivibili a più individui. Infatti Blackmore (1994) attraverso una indagine su larga scala, ha dimostrato che anche affermazioni specifiche come “Il defunto aveva una cicatrice sul ginocchio destro” possono essere vere per molte persone.
Nei 50 anni successivi vari ricercatori hanno cercato di costruire protocolli sperimentali in grado di ridurre al minimo l’utilizzo di stratagemmi e di valutazioni errate da parte dei consultanti, ma i vari lavori hanno prodotto risultati contrastanti (per una rassegna vedere Schouten, 1994). Questo ha provocato un considerevole dibattito metodologico e statistico riguardante le procedure utilizzate in quegli studi che hanno avuto esito positivo; ci si chiede se essi sono effettivamente riusciti ad eliminare potenziali biases e problemi di varia natura.
Ad esempio Saltmarsh (1930), nel tentativo di analizzare in modo appropriato le affermazioni, scompose tutto il materiale prodotto dai medium in singole frasi. Ai partecipanti (consultanti) e a dei collaboratori di Saltmarsh fu chiesto di valutare, separatamente le stesse letture: così i collaboratori facevano da controllo alle valutazioni dei consultanti. Lavorando ripetutamente in questo modo, l’autore si aspettava che, se il medium si fosse dimostrato davvero abile, i consultanti avrebbero dato valutazioni sempre superiori rispetto a quelle dei suoi collaboratori. Una critica evidente a questo approccio sta nel fatto che i partecipanti erano sempre a conoscenza del fatto che la lettura da valutare era esattamente quella che il medium aveva destinato loro. Questa consapevolezza può viziare le valutazioni a causa dei pregiudizi, positivi o negativi che i partecipanti hanno riguardo la medianità.
In un secondo studio, Saltmarsh divise le affermazioni di ogni lettura i tre gruppi:
- affermazioni riportanti frasi cosiddette “luoghi comuni”;
- affermazioni generiche;
- affermazioni specifiche;
Alle frasi considerate vere dai sitter e appartenenti al gruppo 1 Saltmarsh assegnò punteggio 1, a quelle del secondo gruppo punteggio 5, infine punteggio 20 per le frasi appartenenti al terzo gruppo. Per l’analisi dei risultati l’autore stabilì dei criteri di significatività arbitrari stabilendo che le valutazioni dei sitter avrebbero dovuto superare di venti volte le valutazioni dei collaboratori che servivano da controllo. Un ulteriore metodo fu quello di chiedere ai partecipanti e ai collaboratori di assegnare un unico valore “vero” o “falso” a ogni affermazione della lettura, valutando poi i risultati in termini di probabilità, cioè se le differenze tra partecipanti e collaboratori fossero casuali o meno. Purtroppo il metodo statistico utilizzato da Saltmarsh era viziato dal fatto di credere nell’indipendenza delle varie affermazioni che in realtà devono essere considerate, almeno in parte, dipendenti.
Bisognò attendere il 1948 quando Pratt & Birge (1948; Pratt, 1946) pensarono di utilizzare un metodo statistico basato su idonee scale di valutazione da utilizzare sia per ogni singola affermazione che per la valutazione globale della lettura e soprattutto che considerasse le varie affermazioni non indipendenti. La procedura di Pratt prevedeva che ogni componente di un piccolo gruppo di partecipanti ricevesse una descrizione da un medium, poi veniva chiesto loro di valutare l’accuratezza delle affermazioni sia della lettura loro destinata (lettura target) sia quelle destinate ad altri sitter (letture esca o di controllo). Se il medium fosse stato efficace si sarebbero osservati feedback positivi significativamente superiori verso le letture target rispetto a quelli assegnati alle letture esca.
I ricercatori sommarono i punteggi di ogni singola affermazione ottenendo così un punteggio globale per ogni lettura, i dati furono inseriti in una matrice dove lungo la diagonale erano distribuiti i punteggi globali delle letture target, mentre sulle altre diagonali erano distribuiti i punteggi assegnati alle letture di controllo. I punteggi così ottenuti furono analizzati utilizzando il metodo Monte-Carlo il quale crea distribuzioni di punteggi casuali per ogni possibile permutazione della matrice. Con questo metodo si può osservare se i risultati sperimentali si trovino all’interno della distribuzione casuale o meno (se i medium fossero stati sufficientemente abili, si sarebbero dovuti osservare punteggi più altri sulla diagonale della matrice rispetto alle altre diagonali). Gli autori fanno notare inoltre che le statistiche utilizzate per verificare se i numeri sulla diagonale sono significativamente superiori a quelli delle off-diagonali, non assumono che le affermazioni all’interno delle letture siano indipendenti.
Successivamente, durante la seconda metà del XX secolo, i progressi metodologici riguardo la ricerca sulla medianità sono stati molto lenti se confrontati con quelli sviluppatisi in altre aree della parapsicologia perché l’interesse si è spostato verso altre presunte abilità come la telepatia, la chiaroveggenza e la precognizione (Fontana, 2005), mancando quindi di disegni di ricerca e protocolli che riducessero il più possibile le fonti di errore (Lester, 2005, pag. 210; Schouten, 1994, pag. 245; Scott, 1972, pag. 88). Solo a cavallo tra la fine del XX e l’inizio del XXI secolo la ricerca sulla medianità si è ulteriormente perfezionata sviluppando nuovi e interessanti protocolli in grado di evitare tutti, o quasi, i possibili biases di ricerca.
Ne 2001 Schwartz (Schwartz & Russek, 2001) sviluppò un protocollo in singolo cieco la cui procedura si svolgeva i due fasi:
- Una fase di silenzio del consultante nella quale il medium doveva comunicare ad alte voce tutte le informazioni che riceveva riguardo i defunti dei partecipanti e senza mai poter interagire con loro. Il medium era nella stessa stanza dei partecipanti e degli sperimentatori, ma non poteva vedere il partecipante perché nascosto dietro un paravento
- Una fase delle risposte durante la quale il medium poteva rivolgere al partecipante delle domande a risposta chiusa (si/no), ma il partecipante poteva solo dare cenni di assenso o diniego con il capo, era lo sperimentatore a comunicare al medium la risposta. In questo modo il medium non poteva ascoltare la voce del consultante.
Né i medium, né gli sperimentatori erano in possesso di informazioni sui defunti dei sitter. Trascritte le letture e formattate in affermazioni distinte, fu chiesto ad ogni partecipante di valutare sia la propria lettura che altre 4 destinate ad altri e scelte a caso dagli sperimentatori, assegnando per ogni frase un punteggio da -3 a +3 che indicasse il grado di precisione delle informazioni. Fu presa in esame la percentuale di informazioni esatte (+3) con quelle errate (-3) confrontando le valutazioni relative alle letture loro destinate con quelle destinate agli altri partecipanti. Si osservò un numero significativo di informazioni con valore +3 rispetto ai valori con -3. L’aspetto interessante di questo metodo sta nel fatto che Schwartz limitò fortemente le interazioni verbali tra medium e sitter.
Le ricerche descritte fino a qui hanno rappresentato una importante evoluzione metodologica rispetto a quelle elaborate ad inizio del XIX secolo, ma nonostante tutto avevano trascurato un aspetto fondamentale che influenza la valutazione delle letture: i partecipanti erano sempre a conoscenza di quale fosse la lettura loro destinata sia perché essa veniva chiaramente segnalata dallo sperimentatore un attimo prima della valutazione, sia perché il partecipante era presente al momento della lettura e poteva quindi ascoltare tutto quello che diceva il medium. In tali condizioni, se il partecipante crede fortemente nella medianità, oppure ha un forte desiderio di ricevere messaggi da un caro defunto, può sovrastimare le varie affermazioni allo scopo di ricevere “il messaggio a tutti i costi”, o per il semplice motivo di compiacere il medium. Di contro, se il partecipante è molto scettico nei confronti della medianità, potrebbe sottostimare il valore informativo delle affermazioni allo scopo di confermare le sue credenze.
Più recentemente il protocollo di Wiseman & O’Keeffe (2005) ha previsto il controllo di tutte le possibili condizioni sperimentali allo scopo di evitare altre possibili spiegazioni del fenomeno e si possono riassumere in tre fattori: (1) controllo del fenomeno di cold-reading; (2) la necessità di valutare con attenzione, da parte del consultante, le descrizioni del defunto a carattere eccessivamente generico, invitando o inducendo il partecipante a fare valutazioni obiettive attraverso scelte ragionate; (3) le ricerche sulla telepatia svolte fino a quel momento suggerivano di adottare un metodo che evitasse trasmissioni telepatiche di informazioni dallo sperimentatore al medium o dal sitter al medium, riguardanti il defunto.
Lo studio coinvolse cinque medium che diedero letture per cinque sitter, l’esperimento si tenne presso i laboratori dell’ Università di Hertfordshire (UK), i partecipanti, a turni e giorni prestabiliti, furono posti in una camera diversa da quella dei medium, i quali non erano mai venuti a contatto con loro e non conoscevano le loro identità. Le letture ottenute furono poi formattate e suddivise in prospetti separati e date ai partecipanti per la valutazione: ogni sitter valutò 5 letture di cui 4 scelte a caso più la lettura target. Questa volta i partecipanti non erano a conoscenza dell’origine delle letture. Ai partecipanti fu dato il compito valutare la precisione di ogni singola affermazione utilizzando una scala a 7 punti e al termine del lavoro i ricercatori calcolarono un punteggio complessivo per ogni lettura sommando i punteggi delle singole affermazioni.
L’aspetto innovativo della ricerca di Wiseman era rappresentato non solo dall’accecamento dei partecipanti riguardo all’origine della lettura, ma anche dall’idea di controbilanciare il tempo delle letture (che si tennero in giorni diversi) al fine di minimizzare la possibilità di eventuali segnali temporali. Se il medium faceva una dichiarazione contenente indizi temporali come una data o un orario allora il partecipante, al momento della valutazione, avrebbe potuto capire quando tale dichiarazione era stata fatta e di conseguenza riconoscere la lettura target grazie proprio a tale indizio. Ad esempio se il medium afferma <<il temporale di questa mattina rende difficile il contatto con il defunto>>, quando il partecipante legge l’affermazione, capisce quando essa è stata prodotta, cercando di ricordare se quel giorno fosse stato il suo turno di lettura. Per cui i cinque partecipanti vennero convocati nello stesso giorno ad orari differenti e per cinque giorni di seguito, ogni giorno ricevevano una lettura da un medium diverso e l’ordine dei partecipanti era controbilanciato lungo i cinque giorni. L’analisi dei dati impiegò il metodo Monte-Carlo, lo stesso utilizzato da Pratt e Birge (1948) senza però riscontrare risultati che potessero sostenere l’esistenza di effettive capacità medianiche.
Lo studio appena descritto è stato condotto in condizioni che minimizzano l’uso di abilità come la telepatia o la chiaroveggenza (stati di PSI). Questo è un aspetto molto rilevante e va tenuto sempre in debita considerazione nelle ricerche sulla medianità, ma è anche vero che Wiseman non ha dato la possibilità ai medium di focalizzare la loro attenzione sul defunto target in quanto non è stata data loro nessuna indicazione su di esso. Se le capacità medianiche sono reali, allora è possibile che il medium durante la lettura possa percepire informazioni su un qualunque defunto si “presenti” al momento del contatto, sia quello target sia un altro defunto congiunto del consultante o magari legato ad uno sperimentatore (effetto drop-in). Questo tipo di problema è piuttosto frequente in medianità e va tenuto in considerazione da un punto di vista metodologico, poiché i medium usano di frequente questa spiegazione per giustificare il fallimento di un contatto. Indipendentemente da quanto affermino i medium, è pur vero che, se le abilità medianiche sono reali, deve anche esistere qualche luogo dove sono presenti le informazioni sui defunti. Che questo luogo sia un aldilà come lo intendono le religioni, o un archivio “akashico” come lo intendono alcuni movimenti spiritisti, o un mondo “altro dimensionale” come lo intendono i fisici quantistici oppure, come sostiene Roger Nelson nel suo lavoro Global Consciousness Project “un campo morfogenetico o coscienza globale”, resta il fatto che le informazioni sui defunti sono da qualche parte ed è lì che i medium vanno a cercarle. E’ quindi lecito ipotizzare che il medium possa confondersi tra le innumerevoli informazioni in esso presenti. A tal proposito Beischel (2007) suggerì di riferire al medium il nome del defunto poco prima della lettura, cosi che esso possa focalizzarsi sulle informazioni giuste; inoltre fa notare che, maggiori sono le abilità di un medium minore è la probabilità che si verifichi un drop-in imprevisto, e quindi adottare sempre una procedura di selezione dei medium che valuti attentamente le loro abilità.
Per quanto riguarda l’esperimento di Wiseman è possibile che il fallimento sia riconducibile a due fattori: 1. Wiseman non diede nessuna indicazione riguardo ai defunti per cui non fu minimizzato il rischio drop-in; 2. Reclutò i medium da una associazione di spiritisti senza sottoporli a test preliminari, quindi era possibile che non fossero sufficientemente abili ad evitare il drop-in e ad affrontare le difficili condizioni sperimentali.
Nel 2007 J. Beischel, direttrice del Windbridge Institute, ideò una procedura sperimentale in triplo cieco che oltre a tenere i partecipanti all’oscuro sull’origine delle letture, prevedeva che essi fossero a notevole distanza dai medium durante i consulti, e che lo sperimentatore facesse da delegato (proxy) per il partecipante che veniva contattato telefonicamente. In altre parole lo sperimentatore chiamava a casa sia il medium che il partecipante e chiedeva al medium di produrre la lettura sul defunto target. Il partecipante non poteva ascoltare nulla della conversazione tra sperimentatore e medium perché il telefono era tenuto in muto. I consultanti avrebbero poi ricevuto una doppia lettura dovendo scegliere quale delle due rappresentava una descrizione affidabile del proprio defunto. I risultati dell’esperimento furono significativi.
In un recente lavoro Kelly e Arcangel (2010) hanno presentato uno studio in triplo cieco nel quale i medium non erano a conoscenza delle identità dei partecipanti e non sono mai venuti a contatto con essi, i partecipanti erano all’oscuro riguardo all’origine delle letture e uno sperimentatore ha agito come delegato del consultante assente durante le letture. Lo studio era diviso in due prove: nella prima i medium hanno ricevuto il nome del defunto e la sua data di nascita senza l’anno, i partecipanti hanno scelto la lettura a loro destinata tra 4 (3 scelte a caso + la lettura target) dopo aver valutato ogni singola frase delle letture utilizzando una scala a cinque punti. I risultati ottenuti non sono stati significativi.
Allo scopo di agevolare i medium e facilitare le procedure di valutazione da parte dei sitter, Kelly ha proceduto con una seconda prova che prevedeva l’invio al medium di una fotografia del defunto mentre ai partecipanti era chiesto di scegliere la lettura target tra le 6 inviate (5 scelte a caso più quella target), utilizzando esclusivamente una valutazione globale della lettura su scala a 10 punti. I punteggi relativi alle scelte delle letture, sono stati poi analizzati con il metodo della somma dei ranghi (Solfvin et al., 1978) mostrando una distribuzione dei ranghi non casuale. Alla luce dei risultati ottenuti, Kelly fa notare che la valutazione globale della lettura, piuttosto che una valutazione frase per frase, rappresenta un modo più semplice e lineare di valutazione. Stimare le singole affermazioni non è un lavoro semplice in quanto molte di esse non sono indipendenti ma interconnesse. Inoltre, se le informazioni sono sufficientemente accurate, tutto il restante materiale non aderente al defunto target (come errori di interpretazione da parte del medium, immagini e impressioni estremamente vaghe) può essere facilmente escluso dal partecipante durante la valutazione. Il metodo della valutazione globale è ampiamente usato nella ricerca in parapsicologia in particolare nelle ricerche sulle percezioni extrasensoriali della Ganzfeld Research (Bem e Honorton, 1994).
Da punto di vista metodologico, Kelly ha superato alcune delle difficoltà che riguardano la valutazione delle letture, ma personalmente riteniamo che inviare al medium una fotografia del defunto abbia un valore più informativo rispetto alla conoscenza del solo nome, inoltre dà la possibilità al medium di utilizzare un programma di riconoscimento facciale che, confrontando la fotografia con quelle presenti in rete (social network o banche dati fotografiche), può fornire informazioni specifiche sul defunto prima dell’esperimento.
L’articolo di Julie Beischel Contemporary methods used in laboratory-based mediumship research pubblicato su The Journal of Parapsychology 71, 37-68, espone le modalità più avanzate nell’ indagine sulla medianità frutto di anni di ricerca presso The Windbridge Institute for Applied Research in Human Potential, Tucson-USA, e ha tracciato le linee guida della ricerca presentata dea dott. Fernando Sinesio in Al di là del conosciuto, 2018, Amrita Edizioni.
Il metodo sperimentale del Windbridge Institute per la valutazione dei medium
Il protocollo di Beischel suggerisce di considerare due fattori di base:
- Un ambiente che favorisca il processo di medianità, così da facilitare la osservazione del fenomeno ammesso che esista.
- Massimizzare l’accecamento dei medium, dei partecipanti (sitter), e degli sperimentatori, allo scopo di eliminare tutte le spiegazioni convenzionali riguardo le informazioni riportate dai medium.
Il primo fattore ottimizza la possibilità di ottenere risultati positivi, il secondo funge da controllo sugli artefatti sperimentali. Al fine di raggiungere i due obiettivi il Windbridge Institute utilizza la seguente metodologia:
- Specifici protocolli riguardanti domande sul defunto da porre al medium
- Accoppiamento e formattazione delle letture di ricerca
- Accecamento sperimentale fino a cinque livelli.
- Lo screening approfondito di tutti i partecipanti alla ricerca,
medium, sitter-valutatori e defunti
- Uno specifico metodo di punteggio utilizzato dal sitter al momento della valutazione sia dell’ intera lettura che delle singole affermazioni
2.1 Le domande ai medium
Per quanto riguarda l’uso delle domande rivolte al medium durante una lettura, questo aumenta la probabilità di ottenere informazioni per l’identificazione del defunto, aiuta la concentrazione del medium, simula una vera conversazione umana ed evita, in parte, le informazione a carattere generico. Le domande rivolte ai medium sono organizzate in tre categorie: (a) domande sulla vita del defunto (comprese descrizioni fisiche, causa della morte, età al momento del decesso e informazioni sui componenti della famiglia); (b) domande sulla vita nell’aldilà (ad esempio “cosa si prova ad essere morti?”); (c) domande inverse (“il defunto ha qualcosa da dire al suo congiunto?). Le letture, che avvengono tramite contatto telefonico, sono tenute da uno sperimentatore che agisce come “delegato” del sitter assente, che però viene contattato telefonicamente e tenuto in “muto” perché non ascolti la voce dello sperimentatore, né eventualmente quella del medium. Contattare telefonicamente sia il medium che il sitter può favorire il contatto medianico e permette al medium di lavorare in un ambiente comodo da lui scelto (si veda Hendricus Boerenkamp recensito in Schouten, 1994, pp. 242-244).
2.2 Accoppiamento delle letture
Con l’obiettivo di massimizzare l’accecamento sperimentale del sitter-valutatore, le letture di ricerca vengono accoppiate, ed ogni sitter riceve la coppia di letture da valutare ignaro di quale sia quella che riguarda il suo defunto. Le letture vengono accoppiate, prima dell’esperimento, in base al genere del defunto in modo tale che il sesso non rappresenti la discriminante nella scelta della lettura target. Al sitter viene chiesto di valutare prima una poi l’altra lettura ed infine scegliere quale crede sia quella che riguarda il suo defunto. Il metodo della scelta forzata è molto usato nella ricerca sulla medianità ed altrettanto nella ricerca in parapsicologia (si veda Burdick e Kelly, 1977). L’abbinamento inizia durante lo screening dei partecipanti (sitter), ai quali viene chiesta una breve descrizione del defunto. Le informazioni sono divise in cinque categorie (età della morte, descrizione fisica, personalità, hobby, e causa della morte), le ultime quattro composte ciascuna da sottocategorie (corporatura, altezza, colore dei capelli quando era giovane; introverso / estroverso, serio / giocoso, razionale / emotivo; solitario / sociale, e atletico / non atletico; e principale parte del corpo colpita, causa della morte naturale / innaturale, morte rapida / lenta). Queste informazioni permettono di creare accoppiamenti dove i defunti sono simili per genere, ma diversi per tutte le altre caratteristiche. Beischel fa notare che maggiori sono le differenze (a parte il genere) tra i due defunti in una coppia, maggiore sarà la capacità di riconoscimento del proprio defunto. Solo le coppie che rispettano tale criterio vengono selezionate.
2.3 Formattazione delle letture
L’obiettivo è quello di permettere al sitter di valutare ogni singola frase in modo oggettivo. Al fine di garantire l’accecamento del valutatore, lo sperimentatore elimina tutti i riferimenti al nome del defunto e assegna un numero ad ogni lettura, poi organizza i singoli items in informazioni dirette secondo le seguenti regole:
- Un elenco numerato di singoli items a cui è possibile assegnare un punteggio
- Sostituisce tutte le associazioni deboli o incerte con affermazioni chiare. Ad esempio se il medium afferma <<Penso che avesse i capelli neri, ma non sono sicuro>>, viene sostituita con << il defunto aveva capelli neri>>
- Rimuove le frasi che fanno riferimento al modo in cui il defunto fornisce le informazioni al medium (ad esempio, “Sta dicendo…” oppure “Lei sta mostrando …”)
- Sostituisce affermazioni derivanti all’esperienza sensoriale del medium (ad esempio, “sto vedendo una rosa rossa” si trasforma in ” l’immagine di una rosa rossa”).
- Rimuove qualsiasi riferimento alla vita del medium o suoi pareri personali (ad esempio, ” il defunto assomiglia a mia sorella …”).
- Corregge o inserisce spiegazioni a frasi poco chiare dovute al modo di esprimersi del medium.
- Le modifiche che vengono apportate agli items non devono cambiare il senso dell’informazione
- Rimuove tutti i contenuti emotivamente dolorosi per il sitter. Anche se i sitter vengono informati di eventuali disagi emotivi e che i medium non sono mai precisi al 100%, l’uso di informazioni traumatiche non è statisticamente necessario, né eticamente responsabile.
L’ordine degli items non viene randomizzato, in quanto l’ordine con cui vengono fornite le informazioni da parte del medium rappresenta un fattore potenzialmente rilevante durante la valutazione. La procedura di formattazione descritta migliora la chiarezza delle informazioni e uniforma la qualità delle informazioni tra le letture dei medium.
2.4 L’accecamento sperimentale (blinding)
Il termine “accecamento” o “blinding” utilizzato nella ricerca sulla medianità non ha lo stesso significato che viene utilizzato nella ricerca sperimentale in medicina. In parapsicologia si riferisce al numero di persone accecate che partecipano all’esperimento (sperimentatori, medium e sitter) e garantisce l’ambiente controllato durante le procedure di lettura.
Come già specificato il blinding consiste nell’evitare che sia lo sperimentatore che il medium abbiano informazioni sul sitter e sul suo defunto. Questo impedisce al medium di far uso delle tecniche del cold-reader e potrebbe evitare la trasmissione telepatica di informazioni al medium da parte dello sperimentatore o del sitter (Bem & Honorton, 1994). Durante le letture in singolo cieco solo il medium è accecato e il sitter riceve le informazioni consapevole che esse riguardano il suo defunto. In tale condizione sperimentale il sitter può ascoltare direttamente la voce del medium o essere sostituito dallo sperimentatore proxy, in entrambi i casi può inviare feedback diretti al medium se è consentito dal protocollo. In doppio cieco il medium non riceve informazioni e feedback prima e durante la lettura e il sitter al momento della valutazione è ignaro di quale sia la lettura riguardante il suo defunto allo scopo di evitare pregiudizi durante la valutazione (questo comporta ovviamente l’invio al sitter di più di una lettura). In condizioni di triplo cieco il medium e il sitter valutatore sono accecati come nelle condizioni precedenti, in più lo sperimentatore, dovendo interagire sia con il medium che con il sitter, non deve essere a conoscenza di nessuna informazione sul defunto e tantomeno sul sitter. In quintuplo cieco, oltre ai mascheramenti precedenti, uno sperimentatore effettua lo screening dei sitter, gli accoppiamenti e istruisce i sitter e non è a conoscenza di quali siano le coppie associate a quali medium, un secondo sperimentatore, ignaro di qualunque informazione sui defunti e sui sitter, tiene i contatti telefonici sperimentali con i medium e formatta le letture, un terzo sperimentatore interagisce con i sitter durante le procedure di valutazione (es. invio e ricezione delle letture), anch’esso ignaro di tutte le informazioni sul sitter, sul defunto e su quale medium abbia tenuto il contatto medianico per quale coppia. Al sitter di una coppia viene fatta valutare prima la lettura a lui destinata, poi quella di controllo, l’altro componente della coppia invece, valuta prima la lettura di controllo poi quella a lui destinata, ma i sitter sono ignari di tale differenza. Nessun sitter e nessun medium riceve i risultati dell’esperimento fino a quando le prove sperimentali sono concluse.
L’intero quadro descritto elimina ogni tipo di frode, il cold-reading, bias del sitter, le interferenze da parte dello sperimentatore durante il contatto e forse la telepatia dalle possibili spiegazioni sull’accuratezza delle informazioni durante il contato.
2.5 Selezione dei partecipanti (sitter)
Beischel suggerisce di selezionare partecipanti fortemente motivati. Un questionario preliminare viene inviato ad un pool di volontari per selezionare soggetti con almeno 25 anni di età, credenti nella medianità, che abbiano una buona conoscenza del defunto, che credono che il defunto voglia comunicare con loro e che sia deceduto da almeno un anno. Ai volontari viene anche chiesto se hanno sufficienti conoscenze informatiche (in quanto devono ricevere e inviare via mail documenti elettronici) e se ritengono possibile che altri defunti di loro conoscenza possano intervenire in modo inaspettato (drop-in) durante l’esperimento. Ai sitters selezionati viene poi inviato un nuovo questionario che richiede le descrizioni del defunto che saranno poi utilizzate per gli accoppiamenti.
2.6 Selezione dei medium
Per la selezione di medium il Windbridge Institute utilizza una procedura di screening definita Integrative Research Mediums (IRM-s) elaborata presso l’Università dell’Arizona, con lo scopo di selezionare solo medium con elevate abilità. Prima di partecipare alle ricerche sulla medianità ogni potenziale medium viene sottoposto, nell’arco di diversi mesi, ad un corso intensivo che prevede una procedura di apprendimento e screening divisa in otto passi. Al suo completamento i medium selezionati vengono definiti di livello I.
Gli otto step sono:
Fase 1: Compilare un breve questionario riguardante la storia della loro famiglia, la storia medica, la cultura, l’istruzione, le esperienze personali e la loro formazione.
Fase 2: Test di personalità.
Fase 3: Una intervista telefonica tra un medium già certificato e il medium in valutazione centrata sul racconto della storia personale del medium e dei suoi obiettivi.
Fase 4: Una intervista telefonica tra uno sperimentatore e il potenziale medium riguardo le sue conoscenze sulla ricerca in medianità e su quali sono i fattori che possono influenzare in modo positivo o negativo la comunicazione con il defunto.
Fase 5: Due letture telefoniche in cieco ( una in singolo cieco e una in doppio cieco).
Fase 6: Un modulo informativo che descrive la storia della ricerca scientifica sulla medianità.
Fase 7: Un corso on-line di apprendimento progettato per fornire un’istruzione adeguata a tutti coloro che partecipano o svolgono ricerche su soggetti umani.
Fase 8: Ai medium viene chiesto di leggere un testo riguardante gli aspetti psicologici del lutto.
Secondo Beischel la valutazione delle fasi 1, 2 e 5 può avere potere predittivo riguardo le abilità dei medium. La fase 3 facilita la formazione di un team competitivo e dinamico tra i medium. La fase 5 determina la selezione dei medium per la ricerca. Solo coloro che raggiungono un punteggio stabilito dal IRM-s possono partecipare alla ricerca.
2.7 Procedure di scoring
Una delle maggiori sfide nella ricerca sulle abilità medianiche è rappresentata dall’assegnazione dei punteggi alle affermazioni dei medium. Il metodo di punteggio elaborato dal Windbridge Institute è finalizzato a quantificare ed esaminare tutto il processo di medianità. Le maggiori difficoltà nella valutazione delle letture hanno origine da due fonti: (a) il processo attraverso il quale l’informazione giunge al medium e viene riportata (perché spesso le informazioni provenienti dal medium sono complesse o incomplete, non sempre logiche o fluide, sono spesso indirette o a carattere simbolico e includono percezioni ed interpretazioni personali) (b) il processo attraverso il quale il sitter percepisce e giudica l’informazione. A tal proposito c’è da tenere in considerazione che il ricordo o la conoscenza del sitter riguardo il defunto può essere limitata; egli può anche avere pregiudizi che influenzano il giudizio come credere eccessivamente nella medianità o essere estremamente scettico; infine la capacità di dedurre interpretazioni razionali e tracciare connessioni all’interno di informazioni complesse può esser molto limitata. Infine il sitter potrebbe non comprendere o non essere sufficientemente diligente nell’applicare le regole di punteggio che gli sono state impartite. Le istruzioni per l’assegnazione dei punteggi prevedono che il partecipante-valutatore risponda alla domanda “quanto è precisa l’informazione?”, il sitter ha sei possibilità di risposta:
5 = La descrizione è perfetta, non necessita di nessuna interpretazione.
4 = La descrizione necessita di una minima interpretazione, ma sostanzialmente giusta
3 = La descrizione necessita di una maggior grado di interpretazione, perché dotata di
significato simbolico
2 = La descrizione non riguarda il mio defunto, ma potrebbe essere indirizzata a qualche altro mio parente o conoscente
1 = La descrizione è errata, non ci sono ragionevoli interpretazioni che possono spiegarla
0 = Non comprendo la frase, non ho informazioni sufficienti per affermare che è corretta
Al termine del lavoro viene chiesto di fornire una breve descrizione per i punteggi 2, 3 e 4 che spieghi i motivi della scelta. E’ importante notare che, i punteggi di questa scala rappresentano esclusivamente delle categorie, quindi si tratta di una scala ordinale; questo si evince chiaramente dal significato del valore “2” che non esprime un giudizio di accuratezza, ma descrive un possibile caso di drop-in.
I sitter devono anche dare una valutazione globale della lettura assegnando un punteggio numerico (0-6) sulla base di scale di punteggio realizzate per gli studi di remote viewing (esperimenti psichici di visione a distanza Targ et al, 1995):
6: Si intende che la lettura è eccellente, contiene significativi aspetti di comunicazione, e sostanzialmente senza informazioni errate.
5 : Si intende una buona lettura, solo pochissime informazioni errate
4 : Si intende una buona lettura, ma ci sono alcune informazioni errate
3 : La lettura contiene un miscuglio di informazioni giuste e sbagliate, ma ci sono sufficienti informazioni giuste che indicano che la comunicazione con il defunto è avvenuta
2 : Si intende che alcune informazioni sono corrette, ma non sono sufficienti per affermare con certezza che la comunicazione con il defunto sia avvenuta davvero
1 : L’intera lettura presenta informazioni poco corrette
0 : L’intera lettura presenta informazioni assolutamente errate
Al termine del lavoro i sitter sono invitati a scegliere la lettura che ritengono riguardi il loro defunto anche se entrambe sembrano applicabili o non applicabili, devono fare una scelta e motivarla secondo la seguente scala:
A La lettura riguarda chiaramente il mio defunto
B La lettura riguarda moderatamente il mio defunto
C La lettura riguarda lievemente il mio defunto
D Entrambe le letture sembrano riguardare il mio defunto nella stessa misura
E Nessuna delle letture riguarda il mio defunto
Al termine di questo lavoro viene chiesto “spieghi cosa l’ha portata a scegliere proprio quella lettura e gli eventuali problemi che ha avuto nel prendere una decisione, indicando eventualmente le frasi più rilevanti”.